Nel clamore scatenato dall’avvento dell’AI generativa, Stefano da Empoli ripercorre la storia della rivoluzione in atto e riflette sulle implicazioni economiche future. Con una convinzione: la complementarietà uomo-macchina sarà cruciale per massimizzare i benefici e ridurre i rischi
Da un lato chi manifesta preoccupazioni sul futuro dell’umanità, dall’altro chi crede che l’hype si risolverà in una bolla di sapone, come già accaduto per diverse “rivoluzioni” innescate nella Silicon Valley. Difficile, nel clamore mediatico degli ultimi mesi, mantenere una posizione equilibrata nei confronti della nuova realtà con cui ci troviamo – volenti o nolenti – a convivere: l’intelligenza artificiale generativa. Eppure, l’oscillazione tra i due estremi offusca quella che, secondo Stefano da Empoli, sarebbe l’unica visione corretta: un’AI al servizio della specie umana perché in grado di farsi complementare ad essa anziché sostituirla.
Ma come siamo giunti a questo punto? E verso quali orizzonti stiamo navigando? Da Empoli racconta con piglio narrativo la rivoluzione innescata da ChatGPT e dai suoi “fratelli”, soffermandosi sulle sue possibili implicazioni economiche nei prossimi anni e decenni. Con benefici che potrebbero essere enormi se sapremo evitare alcuni errori, il primo dei quali è temere che in prospettiva le macchine diventino come gli esseri umani oppure all’opposto deificarle, elevandole su un piedistallo per noi irraggiungibile.
Lasciando da parte la fantascienza, insomma, da Empoli ci spiega perché occorre concentrarsi sui veri rischi di oggi: non solo la potenziale perdita di posti di lavoro ma anche le violazioni della privacy, i pericoli per la democrazia, le possibilità di inganno enormemente raffinate e senza limiti di scala ai danni di Stati, imprese e ignari cittadini, senza dimenticare le sfide alla proprietà intellettuale come l’abbiamo conosciuta finora. Nonché, non ultima, la totale assenza di Europa e Italia dal gruppo di testa che sta facendo la storia dell’IA.