L’intelligenza artificiale è una planetaria provocazione di senso. Interroga l’umano sul suo destino e le sue prerogative: parola, visione, azione. Con l’arrivo dei modelli linguistici che automatizzano la scrittura, dei motori visuali che simulano la fotografia, degli agenti autonomi che disarticolano il lavoro crescono inquietudini ed entusiasmi.
L’ultima parola, l’occhio assente, l’atto osceno: sono problemi o provocazioni? Entrambe le cose. Ma se alle vulnerabilità tecniche risponderemo con l’ingegneria (informatica, giuridica, politica), alle provocazioni intellettuali dovremo rispondere invece con la filosofia. Non saranno sufficienti educazione, regolazione, moralizzazione, amministrazione. Dovremo fare, anche e soprattutto, innovazione culturale. Produrre cioè nuove idee e significati con un pensare più-che-umano, frutto ancora acerbo di questa emergente e sorprendente intelligenza planetaria.