Quella di Ambrogio Folonari non è solo la storia di un uomo appassionato o di un vivace imprenditore del settore vitivinicolo. È piuttosto una biografia – qui raccontata in prima persona – che interseca le vicende storiche, sociali ed economiche di un intero Paese. Perché questo sembra essere il destino del vino in Italia. Nell’ultimo secolo, infatti, la produzione e il consumo di vino non sono stati semplicemente il riflesso di cambiamenti culturali e socioeconomici importanti ma, in certi casi, hanno determinato il destino di contesti più ampi.
Riconosciuto come padre indiscusso del rinnovamento dell’enologia italiana, Ambrogio ha dedicato tutta la sua vita
alla ricerca dell’eccellenza, contribuendo a modificare il tasting enologico e creando, attraverso un’esaltazione delle sfumature del terroir, vini Supertuscan che hanno conquistato il mondo. Deciso a diffondere una cultura profonda del vino inteso come elemento di ricchezza radicato nel territorio, ha educato e affinato palati, contribuendo a migliorare la civiltà del bere con il dono della sapienza e della misura, fino a creare un’eredità fatta di innovazione, creatività, ricerca e rispetto del territorio.
A capo della Chianti Ruffino di Pontassieve, ha designato la Toscana a terra di elezione cui regalare vini iconici, capaci di armonizzare tradizione e gusto moderno. A lui si deve, nel corso degli anni Settanta e Ottanta, una svolta determinante per l’intero comparto, con la riscossa di rossi che, classificati come vini da tavola, hanno saputo esaltare le peculiarità di un terroir dalla storia millenaria. È il 1982 quando nasce il Cabreo, vino
di alta qualificazione che corona tutta la ricerca enologica del suo creatore: da subito emblema e bandiera di spicco dell’azienda di famiglia, capace di richiamare l’interesse di tutti gli addetti del settore e soprattutto dei critici valutatori, è il vino cui Ambrogio lega con più affetto il suo nome.