Per far fronte alla permacrisi in cui il mondo vive a partire dallo scoppio della grande crisi finanziaria del 2008, le banche centrali si sono spinte «oltre le Colonne d’Ercole», abbassando i tassi fi n sottozero e comprando grandi quantità di titoli di Stato. Con il suo racconto Bruni prima ci aiuta a ricostruire la grave crisi dell’Eurozona nello scorso decennio, dalla Grecia all’Irlanda, dal Portogallo alla Spagna, fi no ovviamente all’Italia e quindi a Cipro. Lo sguardo si concentra poi sul periodo 2014-19 con le sue tensioni commerciali e politiche, una bassa inflazione e poca crescita. Sono gli anni in cui le banche centrali si spingono a solcare acque ignote, fuori dall’ortodossia e senza regole, con politiche ultraespansive basate soprattutto sul Quantitative Easing, che la FED attua dal 2009 al 2014 e la BCE nel quinquennio successivo.
E quando le due banche centrali cominciano a frenare l’espansione ecco l’arrivo del cigno nero della pandemia, che le induce a tornare a intensificare quella politica monetaria. Accesa anche dalla guerra ucraina, con l’aumento dei prezzi dell’energia, arriva quindi l’inflazione – stranamente inattesa, forse troppo ricercata per più di un decennio, riconosciuta e affrontata con ritardo, violenza e qualche controversia.
Se oggi i banchieri centrali vogliono tornare credibili difensori della stabilità monetaria devono convincerci che un così lungo periodo di sregolatezza non si ripeterà più. Devono «legarsi le mani» e ridarsi delle regole flessibili con cui moderare e abbreviare le manovre dei tassi di interesse e del Quantitative Easing.