Sviluppatisi negli Stati Uniti, i consulenti di voto (proxy advisors) si sono progressivamente
affermati anche in Europa, alimentando incertezze in ordine all’impatto
della loro influenza sugli interessi coinvolti nel voto esercitato nell’assemblea dagli
investitori istituzionali loro clienti. Scarsa trasparenza sui metodi di analisi e di elaborazione
delle raccomandazioni di voto, conflitti di interesse, assenza di efficaci forme
di controllo sulla qualità e “affidabilità” delle prestazioni, forte concentrazione del
mercato di riferimento, nonché insufficienti incentivi al controllo in capo agli intermediari
clienti, costituiscono i profili problematici associati ai consulenti di voto.
Questi ultimi sono ora oggetto di specifiche previsioni normative contenute nella
direttiva 2017/828/UE. La ricognizione delle possibili tecniche, dirette e indirette, di
disciplina dei proxy advisor evidenzia tuttavia i potenziali limiti dell’approccio del
legislatore europeo alla materia, principalmente basato su regole di trasparenza
informativa poste in capo ai consulenti di voto senza “responsabilizzare” maggiormente
gli intermediari clienti riguardo all’esercizio del diritto-dovere di voto connesso
con gli strumenti finanziari di pertinenza dei patrimoni gestiti. Per ovviare a questi
limiti è possibile, anche sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla disciplina
dell’esternalizzazione di funzioni operative aziendali da parte degli intermediari finanziari,
prefigurare un eventuale più incisivo intervento legislativo diretto ad ancorare
la regolamentazione dei consulenti di voto al dovere degli intermediari di operare
nell’interesse dei titolari sostanziali degli investimenti da loro gestiti e, in particolare,
al loro dovere di controllo sui servizi acquisiti e sul loro prestatore.