Egea
Open Strategy

L’era della disruption richiede maggiore collaborazione anche in uno degli ambiti aziendali più inaccessibili: la strategia. Il libro di Christian Stadler, Julia Hautz, Kurt Matzler e Stephan F. von den Eichen aiuta imprenditori e manager ad adottare (concretamente) un approccio aperto

Da un’indagine svolta presso 200 leader d’impresa è emerso che, sebbene le tecniche di strategia aperta siano state impiegate solo nel 30% delle decisioni strategiche, le iniziative prodotte hanno generato il 50% dei ricavi e dei profitti

 

All’alba della rivoluzione fintech, il colosso bancario Barclays è riuscito ad anticipare lo tsunami digitale e migrare dalle classiche reti di filiali al mobile banking. In seguito agli stravolgimenti tecnologici degli ultimi anni, la multinazionale svedese Ericsson ha abbandonato l’approccio tipico dell’integratore di sistemi per concentrarsi sulle soluzioni di rete e di supporto al digitale, sul cloud e sull’Internet delle cose (IoT). Di fronte alla sfida del cambiamento climatico, Voestalpine – azienda austriaca leader mondiale nella produzione, lavorazione e sviluppo di prodotti in acciaio ad alte prestazioni – ha deciso di aderire a un consorzio industriale per contribuire alla creazione del più grande impianto pilota del mondo dedicato alla produzione di idrogeno “verde”.

Perché alcune aziende riescono ad anticipare (o almeno a cavalcare) il cambiamento dirompente definendo e attuando strategie innovative mentre altre falliscono o arrancano? Non certo perché assumono nuovi CEO o ingaggiano consulenti dalle parcelle d’oro. Secondo la tesi illustrata da Christian Stadler, Julia Hautz, Kurt Matzler e Stephan Friedrich von den Eichen nel libro “Open Strategy”, il motivo è un altro: queste imprese hanno adottato un modo nuovo di fare strategia. Invece di relegare le decisioni strategiche dentro la stanza dei bottoni, le aprono all’esterno, coinvolgendo gruppi più ampi di stakeholder: dipendenti in prima linea, esperti, fornitori, clienti, imprenditori e persino concorrenti.
La strategia aperta vanta già un curriculum strabiliante: da un’indagine svolta dagli autori presso 201 leader d’impresa è emerso che, sebbene le tecniche di strategia aperta siano state impiegate solo nel 30% delle decisioni strategiche, le iniziative prodotte hanno generato il 50% dei ricavi e dei profitti.
Eppure, nonostante l’aggettivo “open” sia ormai molto in voga in quasi ogni ambito della società e nello stesso campo aziendale non manchino le aree di applicazione in cui l’apertura si è dimostrata vincente (dal marketing all’innovazione), le cose cambiano quando ci si addentra nelle cosiddette “stanze dei bottoni”. È ancora lì, tra leader spesso lontani dalle intuizioni di attori esterni e dipendenti in prima linea, che vengono prese le decisioni strategiche per il futuro delle organizzazioni.

In quest’ottica “Open Strategy” è il primo libro di cultura d’impresa che si prefigge di aiutare chi ha la responsabilità di un’azienda e gli alti dirigenti ad adottare concretamente un approccio aperto, fornendo una vera e propria tabella di marcia per tutte le organizzazioni interessate a raggiungere il traguardo.
Il volume non si limita a disegnare una nuova filosofia e a riportare i casi esemplari di organizzazioni di diverse taglie e specializzazioni (da Adidas a Gallus, da Telefónica a BPW Group, passando perfino per la Marina militare americana), ma fornisce consigli pratici e introduce strumenti chiave per guidare i leader aziendali in questo approccio rivoluzionario alla creazione della strategia.
Stadler, Hautz, Matzler e von den Eichen propongono infatti soluzioni specifiche per ciascuna delle tre fasi del processo strategico (generazione dell’idea, formulazione del piano e implementazione) e mostrano l’interno della “cassetta degli attrezzi” con cui aprire la strategia di un’organizzazione: da workshop per gamificare il processo di sviluppo del modello di business a strumenti ibridi analogicodigitali come la “sfida del concorrente da incubo”, durante la quale i partecipanti – invitati a immaginare un’azienda concorrente in grado di stravolgere il proprio mercato – finiscono spesso per intuire in quali direzioni orientare la strategia aziendale per affrontare le sfide del futuro.

“È giunto il momento per le aziende di abbandonare il ‘segreto strategico’ e di adottare un approccio più collaborativo”, spiegano gli autori. “Affidare la pianificazione unicamente ai dirigenti e ai membri dei Cda aveva senso quando i mercati erano stabili e prevedibili, ma oggi questa segretezza azzoppa le aziende, impendendo loro di elaborare e impiegare strategie efficaci. I leader sono troppo isolati, le loro prospettive sono confinate ai settori in cui operano e dolorosamente distanti dalle percezioni di clienti, dipendenti, fornitori, tecnici e altri interlocutori. Anche quando le imprese riescono a concepire strategie valide in autonomia, non riescono a implementarle correttamente perché i dipendenti si sentono poco coinvolti in piani che non hanno contribuito a plasmare. Ciò non significa che il processo di costruzione della strategia debba diventare democratico. Con la strategia aperta i top manager continuano a prendere le decisioni finali sulla strategia aziendale ma possono farlo beneficiando di una quantità immensamente maggiore di input rispetto a prima, in un modo che rende l’implementazione molto più inclusiva e dettagliata”.
L’edizione italiana del libro è arricchita dalla prefazione di Gary Hamel e dalla postfazione di Gianmario Verona, Rettore dell’Università Bocconi.

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