Egea

 

L’ex giocatrice professionista di poker Annie Duke ci insegna come diventare bravi a mollare in un viaggio tra teorie di psicologia cognitiva e le storie di chi ha cambiato la propria vita – in meglio – rinunciando al mito della perseveranza ad ogni costo

 



Campioni, con qualche primavera di troppo, che si ostinano a non voler appendere scarpette, guantoni e racchette al chiodo. Dirigenti d'azienda, con milioni di dollari in fumo, che lottano per abbandonare un nuovo prodotto che non funziona. Governi, impantanati in un conflitto senza speranza, che credono che la prossima tattica sarà finalmente quella giusta per vincere la guerra. E poi noi, che nella nostra vita persistiamo in progetti, relazioni o carriere che non ci servono più. Inutile negarlo: di fronte a decisioni difficili siamo dei terribili rinunciatari. In “Lascia perdere”, caso editoriale negli Usa portato in Italia da Egea, Annie Duke ci insegna invece come diventare bravi a mollare.  


Ex giocatrice professionista di poker, specializzata in psicologia cognitiva all’Università della Pennsylvania e oggi consulente in materia di decision making, Duke sa di cosa parla. A 26 anni dei problemi di salute hanno intralciato la sua carriera accademica, spingendola in seguito a esplorare strade alternative come il tavolo verde, a cui si era avvicinata grazie all’attività del fratello. Doveva essere un modo di sbarcare il lunario mentre rimetteva in carreggiata il percorso verso la cattedra e invece è diventata la sua vita per 18 anni, durante i quali ha vinto titoli prestigiosi come un “braccialetto” alle World Series of Poker. Una carriera in cui ha affinato l’arte di lasciare la mano. D’altronde, spiega, i giocatori professionisti “sono più bravi a scegliere di foldare rispetto ai loro avversari, e questo è tutto ciò di cui avete bisogno per vincere”. 


Spesso, infatti, è più facile andare fino in fondo. Perseverare. D’altra parte, o si persevera o si rinuncia e nella battaglia tra i due comportamenti il secondo ha evidentemente la peggio. Mentre la perseveranza è considerata una virtù, l’atteggiamento di chi abbandona è visto come vizioso. Il consiglio elargito da tutti coloro che sono assurti a leggenda per il successo raggiunto si riduce spesso a un messaggio di questo tipo: applicati, persevera e avrai risultati. 


Eppure qui si nasconde l’aspetto sorprendente della tenacia: se da un lato può spingervi a perseverare nelle cose difficili per cui vale la pena di insistere, dall’altro può indurvi a perseverare anche quando non è più il caso. Il trucco sta nel comprendere la differenza


Nel libro, Duke spiega come riuscirci non soltanto grazie a un solido apparato teorico, citando volumi, studi e ricerche di psicologia cognitiva e scienze comportamentali, ma anche grazie alla narrazione di storie di persone provenienti da mondi tra loro lontani come sport, arte, spettacolo, imprenditoria, medicina. Da Muhammad Alì agli scalatori dell’Everest, dai comici Dave Chappelle e Richard Pryor all’ex violinista diventata consulente della Casa Bianca Maya Shankar, dal genio della Silicon Valley Stewart Butterfield alla sciatrice Lindsey Vonn, passando per i tassisti di New York, le squadre Nba alle prese col Draft e… le formiche


Grazie a questo libro non impareremo solo le strategie per determinare quando tener duro e quando cambiare strada, facendoci risparmiare tempo, energia e denaro. Ma anche quali sono le forze che si oppongono a un buon comportamento di abbandono; come ragionare in termini di valore atteso per prendere decisioni migliori; come aumentare la flessibilità nella definizione degli obiettivi o stabilire «contratti di abbandono»; come le idee di spreco e fallimento impattano sulle decisioni riguardo all’opportunità di andare avanti.


Nel viaggio alla scoperta dell’arte della rinuncia non mancheranno le sorprese. Ad esempio, ci renderemo conto del perché quando il mondo ci dà cattive notizie tendiamo a perseverare troppo a lungo e intensificare l’impegno in linee di azione destinate al fallimento, mentre davanti a notizie positive tendiamo ad abbandonare troppo presto. O perché il porsi degli obiettivi abbia anche degli aspetti negativi spesso sottovalutati. O, ancora, perché se si smette in tempo abbiamo la sensazione di aver smesso presto.


Dobbiamo ridefinire il concetto di fallimento”, spiega Duke. “Dobbiamo ridefinire il concetto di spreco. Alla fine, però, quello che dobbiamo fare è riabilitare l’idea stessa di lasciar perdere. Molte cose complicate valgono la pena di essere perseguite, e la tenacia è utile a perseverare quando è giusto farlo. Ma ci sono altresì molte cose complicate che non vale la pena di perseguire: per questo, anche la capacità di mollare quando è giusto farlo è un’abilità che va sviluppata. Alla fine, il vostro obiettivo – l’obiettivo di noi tutti – è seguire il percorso in grado di darci il massimo valore atteso durante la vita. Quel percorso comporterà molte rinunce. Contrariamente alla credenza popolare, i vincenti spesso lasciano perdere. Ed è così che vincono”. 



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