Nel libro, “L’alfabeto della sostenibilità”, il sociologo Francesco Morace e la giornalista Marzia Tomasin raccontano la “partita a scacchi” che 26 imprese illuminate stanno giocando contro le crisi del nostro tempo. La posta in gioco? Il futuro del pianeta e di chi lo abita.
La sostenibilità? È una partita a scacchi. In cui i pedoni – noi cittadini – giocano un ruolo fondamentale al fianco di istituzioni, governi e aziende. Sono proprio queste ultime, però, le vere protagoniste di una scacchiera in subbuglio tra le tante crisi che agitano il nostro tempo. Nel saggio “L’alfabeto della sostenibilità”, il sociologo Francesco Morace e la giornalista Marzia Tomasin ci raccontano “26 modi per essere sostenibili” grazie ad altrettante storie di imprese che hanno saputo tracciare – o reinventare – una strada che sia in grado di “reggere” il futuro del nostro Pianeta.
Solo trent’anni fa la sostenibilità si sovrapponeva all’ecologismo militante e indicava una nicchia di sostenitori che – a partire dalle analisi contenute nel Rapporto sui limiti dello sviluppo commissionato al MIT dal Club di Roma e pubblicato nel 1972 – propugnava il superamento di un modello di crescita che in effetti nei cinquant’anni successivi si è rivelato insostenibile. Nonostante le numerose dichiarazioni d’intenti e i proclami che si sono susseguiti nel corso dei decenni, i risultati sperati non sono stati raggiunti e gli effetti legati al cambiamento climatico continuano a manifestarsi con una crescita esponenziale. Eppure qualcosa sta cambiando: negli ultimi dieci anni, il concetto di sostenibilità ha conosciuto un’accelerazione nella dimensione dei valori civili che neanche il più ottimista degli osservatori avrebbe potuto immaginare. La definizione dei 17 Obiettivi dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile, presentata in sordina nel 2015, ha acquisito un’importanza strategica sempre maggiore e negli ultimi tre anni ha conquistato un ruolo e una centralità che hanno convinto molte aziende a farli propri.
“Nel progetto ‘L’alfabeto della sostenibilità’”, spiegano Morace e Tomasin, “vogliamo valutare l’impatto che la sostenibilità, nel significato ampio con cui oggi la intendiamo, ha avuto e continuerà ad avere nel mondo dell’impresa, nella visione delle aziende grandi e piccole, italiane e internazionali”. Per farcela, gli autori hanno individuato 26 realtà emblematiche raccogliendone le testimonianze in un saggio, che rappresenta il seguito ideale del volume “L’alfabeto della rinascita – 26 storie di imprese esemplari”, con cui nel 2021 avevano raccontato il percorso delle imprese in grado di riemergere dal buio della pandemia. “Possiamo considerare la sfida della sostenibilità nel mondo aziendale come una partita a scacchi”, spiegano, “in cui per esempio le 26 realtà che abbiamo selezionato hanno giocato, giocano e giocheranno la stessa partita con movimenti diversi, proprio come i diversi pezzi sulla scacchiera. E allora abbiamo assegnato a ciascuna azienda il ruolo e il ‘peso’ di un pezzo degli scacchi”.
Partendo dal centro e dai due pezzi più emblematici, il re e la regina, la scelta degli autori si è basata su una riflessione riguardante modi e tempi dell’impegno sui temi della sostenibilità: in quest’ottica sono state individuate Alce Nero (1978), Patagonia (1972) e Humana People to People (1972).
Ai lati della scacchiera fanno invece guardia le due torri che in Italia hanno rappresentato per lunghi anni il bastione illuminato di un welfare aziendale ante litteram: il lanificio Rossi nato nel 1862 a Schio e la fabbrica Olivetti creata ne 1908 a Ivrea, due casi aziendali ancora oggi studiati nelle università di economia e management come esempi utopici di azienda-comunità, con una relazione coraggiosa tra pubblico e privato, tra performance produttive e difesa dei diritti civili e del lavoro.
E gli alfieri? Morace e Tomasin si concentrano su sei realtà nate negli ultimi 25 anni, che fin dalla loro fondazione hanno sostenuto un paradigma smart & sustainable: che sia la prospettiva “eretica” della finanza che Banca Etica propone dal 1999 o piuttosto la startup Wami che dal 2016 garantisce l’acqua a villaggi disagiati nel mondo; che riguardi il mondo della misurazione della sostenibilità o della declinazione corretta delle dimensioni ESG, Morace e Tomasin parlano di società che sono nate per proporre, integrare e rafforzare le logiche della sostenibilità e del welfare come Jointly (2014), Koinètica (2002), NATIVA (2012) e Quantis (2006).
E poi ci sono i tanti cavalli, imprese in grado di garantire il salto di paradigma in tutti i settori: la farmaceutica con Chiesi, la cosmetica con Davines, l’energia con Enel, la produzione di ceramica con Florim, gli oggetti per la tavola con Guzzini, l’irrigazione con Irritec, la produzione di caffè con il Gruppo Lavazza, la meccanica di precisione con MEP, l’elettronica con Samsung, l’automotive con Toyota, il ramo assicurativo con Unipol, quello dell’intelligenza artificiale con Video Systems, l’agricoltura con xFarm, il tessile-abbigliamento con Yamamay o la progettazione con Zordan. Perché la partita è globale e la scacchiera è l’intero pianeta. La posta in gioco? Il futuro di chi lo abita.
Il volume è arricchito dalla prefazione di Enrico Giovannini, della postfazione di Ermete Realacci e da un saggio di Stefania Farina. Giulio Ceppi e Federica Citterio sono invece i curatori della dimensione grafica del libro, rappresentata dai pittogrammi che con l’iniziale di ciascuna delle 26 aziende protagoniste (liberamente reinterpretata) raccontano un particolare della loro identità.