Dalle aule scolastiche agli stadi, dagli oceani al cosmo: nel suo nuovo saggio, Adam Grant intreccia nuove evidenze scientifiche e intuizioni sorprendenti per spiegare come possiamo aiutare noi stessi e gli altri a raggiungere vette inaspettate. Piccole o grandi che siano.
Cos’hanno in comune l’attore comico Steve Martin, il giocatore di baseball Robert Allen Dickey e la percussionista Evelyn Glennie? Quale legame accomuna il sistema scolastico finlandese e il team che ha guidato la missione di salvataggio dei trentatré minatori cileni intrappolati nella miniera di Copiapó, nel 2010? E cosa c’entrano, in tutto questo, le spugne marine? Sono tutti ottimi esempi della capacità di valorizzare “Il potenziale nascosto” dentro ciascuno individuo (e in ogni organizzazione). Ed è attraverso le loro storie – e molte altre, tra cui non manca la propria – che Adam Grant costruisce il racconto al centro del suo ultimo saggio, tradotto in Italia da Egea e da pochi giorni in libreria.
Psicologo delle organizzazioni presso la Wharton School dell’Università della Pennsylvania, autore di bestseller letti in tutto il mondo e considerato tra i pensatori più influenti nel campo del management, Grant intreccia evidenze scientifiche rivoluzionarie, intuizioni sorprendenti e un’avvincente narrazione per spiegarci come persone, team e imprese possano sbloccare le proprie risorse più preziose e andare oltre alle aspettative, raggiungendo traguardi inaspettati. Piccoli o grandi che siano.
Oggi, d’altronde, viviamo in un mondo ossessionato dal talento: a scuola celebriamo gli studenti dotati, nello sport gli atleti nati e nella musica i bambini prodigio. Sempre più spesso, però, l’ammirazione per chi parte con vantaggi innati ci induce a trascurare le distanze che noi stessi possiamo percorrere. Sottovalutiamo le tante abilità che possiamo acquisire, così come i livelli di bravura che possiamo raggiungere. Eppure tutti possiamo diventare più bravi a migliorare. E quando l’opportunità non viene a bussarci, possiamo sempre costruire noi una porta. O passare dalla finestra.
Dalle aule scolastiche alle sale riunioni, dal sottosuolo al cosmo passando per il parco giochi e le Olimpiadi: passo dopo passo e storia dopo storia, Grant dimostra che il progresso non dipende tanto dall’impegno che profondiamo quanto dalla capacità che abbiamo di apprendere e dalla “passione armoniosa” che anima le nostre giornate. Così come la crescita non riguarda il genio con cui nasciamo ma il carattere che sviluppiamo (anche dopo i “fatidici” 30 anni, da adulti).
Il saggio illustra come costruire le capacità caratteriali e le strutture motivazionali con cui possiamo realizzare appieno il nostro potenziale, come assemblare le impalcature temporanee che – grazie al sostegno degli altri – possano aiutarci ad arrivare più in alto di quanto avremmo potuto da soli, e come progettare sistemi in grado di creare opportunità per tutti coloro che finora sono stati sottovalutati.
Ad esempio, attraverso la storia del giocatore di baseball R.A. Dickey – passato dall’essere una giovane promessa a un eterno vagabondaggio nelle serie minori, fino alla consacrazione come miglior lanciatore della National League all’età di 37 anni – capiremo perché spesso per crescere davvero sia necessario tornare costantemente indietro, nei cosiddetti “percorsi di crescita non lineari”.
Andando dietro le quinte della miracolosa operazione di salvataggio dei minatori cileni intrappolati nella miniera di Copiapó, nel 2010, scopriremo perché spesso il leader ideale sia un ottimo ascoltatore e perché la pratica del brainwriting sia utile per valorizzare idee geniali che sarebbero state soffocate nel tumulto di un canonico brainstorming. Spostandoci in Finlandia, capiremo perché uno dei migliori sistemi scolastici al mondo si basi sull’obiettivo di coltivare il potenziale di ogni studente e non sull’esaltazione dei singoli talenti o su programmi al ribasso per non lasciare nessuno indietro (ma senza andare avanti). E il percorso di José Hernandez, astronauta proveniente da una famiglia di braccianti agricoli messicani, manifesterà con chiarezza perché le distanze percorse, in fondo, siano ancora più importanti delle vette raggiunte (anche se si trovano nello spazio).
Ma il viaggio più significativo sarà quello nelle profondità degli oceani, dove l’esempio delle spugne marine (tra le creature più antiche al mondo) ci farà capire perché la capacità di assorbire, filtrare e adattarsi è vitale non solo per sopravvivere ad estinzioni di massa, ma anche per crescere come persone. “Essere una spugna è qualcosa di più di una metafora”, spiega Grant. “È un’abilità caratteriale, una forma di proattività vitale per realizzare il potenziale nascosto. Il miglioramento non dipende dalla quantità di informazioni che ricerchiamo, ma dalla qualità delle informazioni che recepiamo. La crescita non dipende tanto da quanto lavoriamo sodo ma piuttosto da quanto siamo bravi a imparare”.
E chissà che non sia proprio questa caratteristica a fare la differenza nell’era digitale, in cui il confronto tra esseri umani e intelligenze artificiali diventerà una costante delle nostre vite.
“Se le nostre abilità cognitive ci distinguono dagli animali”, conclude l’autore, “le nostre abilità caratteriali ci elevano al di sopra delle macchine. Oggi computer e robot sono in grado di costruire automobili, comandare aerei, combattere guerre, gestire il denaro, rappresentare gli imputati in tribunale, diagnosticare il cancro ed eseguire interventi di cardiochirurgia. Man mano che aumentano le abilità cognitive automatizzate, ci ritroviamo nel bel mezzo di una rivoluzione del carattere.
In un mondo in cui progressi tecnologici rendono sempre più preziose le interazioni e le relazioni, padroneggiare le abilità che ci rendono umani diventa sempre più cruciale”.