Egea


 

Scuole, biblioteche, strutture sociali e sanitarie che operano come luoghi di aggregazione di comunità; case del quartiere e centri culturali che erogano servizi di prossimità. Partendo da una nuova generazione di servizi pubblici collaborativi, Ezio Manzini e Michele d’Alena riflettono su come ricostruire il tessuto sociale e prendersi cura di chi è in difficoltà.



La popolazione che invecchia, i legami che si squagliano, la solitudine che aumenta, i servizi pubblici che arrancano. Intorno a noi i segni della disgregazione sociale in atto diventano via via più evidenti e per contrastarli sembrano non bastare né gli sforzi dei singoli né quelli di istituzioni rimaste troppo ancorate a modelli passati. Eppure una strada che porti alla rigenerazione del tessuto sociale esiste. E, secondo Ezio Manzini e Michele d’Alena, passa inevitabilmente per la ridefinizione del concetto di “Pubblico”: non più uno statalismo novecentesco ma un modo diverso di “Fare assieme”, come recita il titolo di un nuovo saggio edito da Egea. In cui i due autori analizzano le potenzialità di una nuova generazione di servizi pubblici collaborativi, capaci di ricostruire un senso di comunità e innescare una molteplicità di iniziative che si levino autonome dal basso.

L’analisi di Manzini e d’Alena parte da un presupposto amaro: stiamo perdendo la capacità di collaborare. L’innovazione tecnologica e organizzativa e la competizione spinta dai modelli economici neoliberali hanno contribuito a orientare le nostre aspettative verso soluzioni individuali, pensate e proposte per persone considerate come utilizzatori e clienti isolati. Oggi i servizi pubblici si trovano a operare in un deserto sociale in cui ci sono sempre meno reti di prossimità in grado di svolgere le attività di servizio diffuse e quotidiane. A complicare il tutto, poi, il doversi confrontare con un contesto in profondo cambiamento: viviamo in una società liquida, multiculturale, con sempre più famiglie composte da persone sole e con un aumento della popolazione anziana che necessità di cura e supporto diffuso e quotidiano.

Considerando questi presupposti, è facile intuire che i servizi pubblici non siano in grado di rispondere alla domanda sociale emergente non solo perché vengono tagliati, ma anche perché sono stati costruiti su un modello di società che non esiste più. Se la concezione novecentesca dei servizi pubblici non può più funzionare, in quale direzione è opportuno andare?

Secondo Manzini e d’Alena, si deve ripartire dalla dimensione collettiva e mutualistica dei bisogni sociali. Ma per farlo è necessario che questa dimensione venga ricostruita. Non solo: “Bisogna che la sua esistenza”, spiegano gli autori, “sia riconosciuta come un nuovo diritto sociale: quello di poter rompere l’isolamento in cui siamo stati spinti e re-imparare a collaborare. In altre parole: il diritto di essere nodi di reti sociali che ci permettano di immaginare e mettere in atto iniziative e progetti di vita praticabili proprio perché fatti assieme ad altri”.

Per farcela, il libro propone una nuova generazione di servizi pubblici che rispondano a bisogni sociali stimolando e supportando la creazione di nuove comunità. Perché la socialità è un bisogno umano ed è determinante per lo stato di salute dei cittadini. Ma, soprattutto, perché l’esistenza di un tessuto sociale ricco e dinamico è la condizione necessaria per affrontare in modo collaborativo molti dei grandi problemi con cui oggi ci dobbiamo confrontare. “Riconoscere che le persone hanno al tempo stesso la necessità e il diritto di essere attive e collaborative”, chiariscono gli autori, “implica un ruolo rinnovato per il Pubblico”.

Scuole, biblioteche e strutture sociali e sanitarie che operano come luoghi di aggregazione di comunità; case del quartiere e centri culturali che erogano servizi di prossimità: condividendo esperienze diverse, accomunate dall’intreccio di prestazioni professionali fornite da operatori istituzionali e attività collaborative messe in atto da enti del terzo settore e gruppi di cittadini attivi, il saggio introduce l’idea che questa nuova generazione di servizi pubblici stia in realtà già emergendo. In Italia e non solo, l’innovazione sociale che ha caratterizzato gli ultimi vent’anni ha generato anche iniziative di innovazione istituzionale che di fatto sono l’anticipazione dei servizi pubblici collaborativi raccontati nel libro, capaci di rispondere a bisogni emergenti e di farlo in modo articolato e sensibile alla diversità dei contesti. Il saggio ne esplora le diverse traiettorie grazie al contributo di sedici esperti attivi in diversi campi: Carlo AndorliniAntonella Agnoli, Cristina Alga, Giovanni Boccia Artieri, Daniela Ciaffi, Ilda Curti, Roberta Franceschinelli, Silvia Mastrolillo, Erika Mattarella, Nicola Morelli, Andrea Morniroli, Roberta Paltrinieri, Franco Prandi, Benedetta Riboldi, Franco Riboldi e Daniela Selloni.

Dal quadro complessivo emergono segnali incoraggianti, che suggeriscono come il Pubblico possa imparare a stimolare nuove risorse sociali e superare quella cultura del servizio come assistenza che, da sola, non è più sufficiente. Puntando su un modello organizzativo che assuma la cura delle relazioni come indicatore di efficacia e dia a tutti l’opportunità di essere attivi e collaborativi (anche grazie alle piattaforme tecnologiche) sarà possibile rispondere a bisogni sociali insoddisfatti. E, forse, portare a un recupero di sovranità da parte dei cittadini, innescando un meccanismo in grado di rigenerare energie democratiche.

Da più parti è richiesto un nuovo protagonismo dello Stato, cioè del Pubblico”, concludono gli autori. “Ma è importante che vi sia una visione adeguata ai tempi: un Pubblico che non diventi una stampella del neoliberismo. Ma neppure un’idea di Pubblico che cerchi di portare ai sistemi centralistici e assistenzialistici del secolo scorso. Un Pubblico che sappia anche riconoscere e stimolare le energie sociali diffuse nella società, nell’assunzione di fondo che senza metterle in campo non è possibile andare verso una società più equa, solidale ed ecologica”.

 


Acquista il libro