Egea


 

Secondo Alfonso Fuggetta il “buon management” ha molto in comune con la capacità di fare innovazione: nel suo nuovo libro, rilegge concetti e principi delle discipline scientifiche e ICT in chiave manageriale, in un’inedita combinazione di punti di vista.

 

Perché la gestione di un’azienda è un “gioco infinito”? Cosa c’entrano derivate e integrali con la quotidianità lavorativa di molti di noi? In che modo i metodi GTD, Bullet Journal e Inbox Zero possono aiutarci a districarci nella marea di sollecitazioni che riceviamo quotidianamente? Come si costruisce davvero un’azienda data-driven?
 

E ancora: come deve organizzarsi e strutturarsi un’impresa per poter competere oggi? Cosa deve sapere chi ha la responsabilità di guidare un’organizzazione, qualunque sia la sua natura e dimensione? Come si può ottimizzare la gestione di un’azienda o di una PA – nel breve e nel lungo periodo – accompagnandole nel modo corretto?
 

Alfonso Fuggetta – Ad e Direttore scientifico del centro di innovazione digitale Cefriel e professore di Informatica al Politecnico di Milano – cerca di rispondere a queste (e a molte altre) domande in un nuovo libro, in cui accompagna i lettori “Alla ricerca del buon management” (Egea, 2024).
 

Un viaggio diverso da quelli a cui altri grandi professionisti e scrittori ci hanno abituato, e questo proprio grazie al particolare percorso dell’autore – manager e docente la cui carriera si è concentrata sullo sviluppo di tecnologie e conoscenze digitali e sulla loro applicazione a problemi reali – che lo rende una guida ideale per questi tempi frenetici e disruptive, in cui al fianco del sapere tradizionale e delle imprescindibili soft-skills si fanno largo competenze sempre più tecniche. Di cui i professionisti del futuro (e del presente) non potranno più fare a meno.
 

Secondo Fuggetta, il “buon management” ha ormai molto in comune con la capacità di fare innovazione tecnologica. Nel libro, quindi, rilegge concetti e principi delle discipline scientifiche e ICT in chiave manageriale, in una sorta di osmosi e combinazione di punti di vista solo in apparenza lontani. Nascono da questo incontro le 52 brevi riflessioni proposte nel testo, che coprono un anno intero di “cura” di buon management e possono essere “assunte” settimanalmente, come fossero pillole, utili a chi vuole crescere come professionista e a chi intende trasformare le aziende in realtà mature e robuste, in grado non solo di sopravvivere nel mercato attuale ma di distinguersi e rinnovarsi continuamente per migliorare.
 

Attenzione, però, perché per percorrere il viaggio con successo, le prestazioni tecnico-economiche non saranno mai sufficienti da sole.
 

È sempre più è necessario”, suggerisce l’autore, “che le organizzazioni nel loro complesso – e i manager e azionisti nello specifico – siano consapevoli delle responsabilità che hanno verso tutti i soggetti coinvolti nella vita dell’impresa (gli stakeholder) e la società in generale. L’azienda deve essere economicamente e finanziariamente solida, gestita in modo oculato, nel rispetto di tutti i soggetti interessati. Ma non può limitarsi a essere efficiente e redditizia: deve avere un senso, un significato, una ragione d’essere che vedano il ritorno economico come un mezzo necessario, ma non solo come l’unico fine”.
 

Nel saggio, Fuggetta cerca di trovare il punto di equilibrio della costante oscillazione tra poli opposti che contraddistigue la contemporaneità. Un percorso di trasformazione perenne, da affrontare giorno dopo giorno mentre si è impegnati a generare risultati (“perform” e “transform”) e si è chiamati a un apprendimento continuo, sia che si tratti di nuove competenze che di migliori approcci verso le sfide quotidiane. Tempi complessi, che le aziende – e chi le guida – devono affrontare con un’attitudine nuova, fondata sull’attenzione al benessere e alla crescita delle persone, l’agilità dei processi e delle attività aziendali, la capacità di operare in modo proattivo e ragionato e non reattivo e immaturo.
 

È in quest’ottica che il contributo proveniente dall’unione tra la mentalità creativa alla base dell’innovazione e il pragmatismo delle discipline manageriali può offrire nuove e preziose prospettive.
 

“Mi piace ricordare un’espressione”, conclude Fuggetta, “che unisce simbolicamente conoscenze scientifiche e discipline manageriali. In un saggio che mi intrigò molto, gli autori suggeriscono quanto segue:
 

Innovation = Creativity × Execution
 

La capacità di innovare di un’organizzazione è valutabile moltiplicando la creatività per l’abilità di esecuzione. Usiamo la «moltiplicazione» piuttosto che una «somma» perché se la creatività o l’abilità di esecuzione valgono zero, allora la capacità di innovare è zero. Con una formulazione matematica, questa espressione comunica una profonda verità di management: non bastano le buone idee o le buone intenzioni e nemmeno strategie creative, ingegnose e fortemente innovative.
 

Esse devono basarsi su competenze e capacità manageriali e organizzative (execution) che sappiano tradurre quelle buone idee e intenzioni in realtà, in impatto, in un reale sviluppo economico, culturale e sociale. È una formula che ricorda le parole di uno dei più grandi maestri di management di sempre, Peter Drucker: ‘strategy is a commodity, execution is an art’”.
 


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